Alla voce "Baccanale" lo Zingarelli recita così:
"Nell'Antica Roma, festa orgiastica in onore di Bacco, baldoria, gozzoviglia".
I baccanali si diffusero in Italia attraverso la Magna Grecia, come manifestazione della religione dionisiaca. Erano celebrati dapprima tre volte all'anno e di giorno, poi cinque volte al mese e di notte, con un rito che non differiva molto nello spirito e nella forma da quello praticato nel mondo greco. I baccanali suscitarono ben presto i sospetti dello Stato romano, fino a provocarne l'abolizione. Il provvedimento fu preso nel 186 a.C. con il senatus consultum de Bacchanalibus (il cui testo è giunto fino a noi), dopo una severa inchiesta del console Postumio Albino, informato da una iniziata pentita sulla natura dei riti orgiastici, che si svolgevano a Ostia, alla foce del Tevere, nel bosco consacrato a Stimula. Secondo il lungo racconto di Livio, essi furono senz'altro giudicati contrari alla morale pubblica e atti a favorire complotti politici, per cui gli adepti furono ricercati e perseguiti come pericolosi nemici della sicurezza dello Stato. Le inquisizioni si estesero anche fuori di Roma e colpirono ben 7.000 persone di tutte le classi sociali, parte delle quali vennero condannate a morte, parte alla prigione, mentre con il senato-consulto venne disposta l'abolizione dei baccanali in Roma e in Italia e la distruzione dei ridotti dove si svolgevano, con l'autorizzazione del senato di fare particolari eccezioni. Il divieto, il primo dei Romani nel campo religioso, trovò numerose resistenze, specialmente nell'Italia meridionale, dove il culto di Bacco persisté a lungo.